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"'La misura del tempo' è, credo, un libro fenomenico. Nel senso più originario. E dell'origine di ogni fenomeno deve essere conservato e interrogato l'aspetto più squisitamente temporale. Il fenomeno è nel fondo ciò che si è lasciato apparire, si è lasciato mostrare, in un processo che si deve cogliere con un movimento - o meglio, atteggiamento - assolutamente passivo. Ciò che si è lasciato mostrare, ciò che si è voluto lasciarsi mostrare, indica una passività e una passione anteriore a ogni movimento di intellegibilità e di appropriazione. Prima ancora di ogni parola, perfino prima di quella poetica, c'è (c'è stata) questa che Lèvinas chiamerebbe la pazienza del tempo". (Angelo)